venerdì 11 settembre 2015

Alla scoperta dei capolavori di Luca Giordano nei d'intorni di Napoli

Come spiegai nel post inaugurale del mio blog, ho una particolare passione verso l'arte di Luca Giordano perchè a pochi passi da casa mia costruì, nel Seicento, una villa e una piccola chiesa dedicata alla Madonna del Carmine. Entrambe sono giunte a noi, ma la chiesa ha perduto, purtroppo, molti dei suoi gioielli mentre la sua villa è stata radicalmente cambiata. Per questa particolare passione mi sono prefissata di mostrare tutti i suoi lavori conservati nei luoghi poco conosciuti ma altrettanto belli che meritano di essere visitati. Vi faccio scoprire la chiesa di Sant'Agostino ad Ercolano.

Alcuni capolavori di Luca Giordano custoditi nella chiesa di sant'Agostino ad Ercolano 

Inizio con la chiesa di Santa Maria della Consolazione detta di Sant'Agostino perché è stata per me una piacevole quanto inaspettata scoperta; non essendo di Ercolano mi sono trovata da quelle parti e, incuriosita dalla faccia, sono entrata scoprendo un gioiello barocco, prima però un poco di storia.
La chiesa sorge lungo quella che fu prima una via consolare romana poi, dal 1562, un’importante via economica conosciuta come «Strada Regia delle Calabrie», oggi è Via Resina, per capirci l’edificio si trova poco dopo aver superato il Palazzo Reale di Portici e poco prima dell’ingresso storico all'area archeologica di Ercolano.

La chiesa di Santa Maria della Consolazione detta di Sant'Agostino.
Il complesso fu edificato su un terreno detto "Le Camere", la cui origine, probabilmente, si deve all'esistenza di alcuni ambienti sotterranei che i contadini scoprivano lavorando i campi; ambienti sotterranei che diventeranno dall'Ottocento in poi teatri, anfiteatri e ville romane racchiuse poi nell'area archeologica di Ercolano. . 

Ed è legato proprio alle vestigia classiche un insolito aneddoto, tra le varie proprietà confinanti con il terreno degli Agostinian spiccava quello posseduto da un semplice contadino di nome Battista Nocerino: egli, per trovare un po’ d’acqua, scavò un bel pozzo lungo 20 metri, non la trovò, in compenso trovò “solo” statue e suppellettili romane. Riuscì con la famiglia a tenere nascosta la scoperta per un bel po’di tempo, temevano di perdere il terreno, ma quando scoppiò l’interesse per il mondo classico ritornò in auge anche la leggenda del pozzo meraviglioso che arrivò all'orecchio del conte d'Elboeuf. Egli comprò direttamente la terra e il pozzo: iniziò a scavare fino ad arrivare al teatro dell’antica Ercolano, recuperò statue e oggetti antichi e li espose nella sua nuova villa costruita poco distante. Queste scoperte sensazionali non tardarono ad arrivare all'orecchio del re Carlo di Borbone che, forte del suo ruolo, comprò il suddetto terreno e le statue trovate da d'Elboeuf e iniziò contemporaneamente una vera e propria campagna di scavo. L’antica città di Ercolano ritrovò la luce e i pezzi recuperati diedero vita al Museo Archeologico Nazionale di Napoli (MANN).

Foto D. distanza tra la Reggia di Portici e la chiesa.
Foto a destra: distanza tra il Palazzo, la chiesa e gli scavi di Ercolano
Questo aneddoto aiuta a capire anche perchè gli Agostiniani Scalzi – una delle tre congregazioni agostiniane riformate sul finire del XVI secolo – fondarono il loro monastero in questa zona ricca di storia, fertile e con un bel clima; bellezza del posto che affascinò anche i nobili napoletani i quali la scelsero per costruire le loro seconde residenze, nascerà tra il XVII-XVIII secolo quello che oggi viene chiamato il Miglio d’Oro, luogo dove si trovano alcune tra le ville barocche più belle e dove alcuni inquilini di queste residenze trovarono sepoltura nella chiesa agostiniana.

Il complesso religioso fu costruito sul finire del XVI sec. e ampliato tra il 1613 e il 1810, grazie alla donazione di alcuni benefattori tra i quali spiccano don Alfonso Sanchez de Luna, che donò una parte delle sue terre per permettere la costruzione di una piccola chiesetta e il nucleo originario del monastero, e Scipione de Curtis, che legò la sua donazione alla costruzione di una nuova chiesa necessaria ad accogliere un numero sempre maggiore di fedeli: dopo i lavori di ampliamento la chiesa originaria diventerà una cappella interna al convento.

La chiesa di sant'Agostino ad Ercolano

Esterno. Foto di sinistra è stata presa da questo sito.
La chiesa è dedicata alla Madonna della Consolazione, appellativo legato alla leggenda che narra di un’apparizione della Vergine Maria a Santa Monica, madre di Sant'Agostino, per aiutarla a vivere a pieno la vedovanza e come segno di penitenza la Madonna le diede una cintura da legare in vita, da qui nasce il secondo nome dell’Ordine degli Agostiniani detti anche Ordine dei “cinturai”; essendo Santa Monica madre di Sant'Agostino questa chiesa seppur dedicata alla Madonna viene anche chiamata Sant'Agostino in onore al fondatore del suddetto ordine.

Il complesso religioso, nonostante il minaccioso Vesuvio, fu risparmiato dalla violenta eruzione del 1631, e successive colate laviche, ma non dalla mano violenta dall'uomo; durante il decennio francese furono soppressi tutti gli ordini e le loro ricchezze divennero bottino di guerra, sorte che capitò nel 1815 pure agli agostiniani di Ercolano. In seguito, il monastero fu affidato ai monaci di San Martino, poi nel 1836 ai padri di San Vincenzo de’ Paoli. Non essendoci più i monaci durante il Novecento il monastero fu riadattato e suddiviso in case, la chiesa diventò parrocchia.

Storia della chiesa e le sue sopravvissute ricchezze.

Come su accennato, nel 1643 la chiesa fu ampliata grazie alla generosità di vari nobili e terminata nel 1650, nello stesso anno fu celebrata la prima messa in cui parteciparono tutti i nobili partenopei che in questa zona venivano a villeggiare.

La facciata del tempio risale alla prima metà del Settecento ma i lavori finirono solo ai primi dell’Ottocento: si presenta semplice e geometrica. Gli ultimi definitivi lavori di abbellimento della struttura furono terminati nel 1930, da allora non fu più modificata

Abside
L’interno segue i dettami del Barocco maturo ma con evidenti richiami all'architettura del maturo Rinascimento come mostra la scelta dei capitelli corinzi compositi e la presenza di cappelle laterali frutto delle nuove direttive liturgiche dettate dalla Controriforma. La chiesa ad aula unica con volte a botte, alta ben 14 metri, termina con l’altare maggiore sotto il quale è stato costruito un ipogeo per ospitare la sepoltura dei frati.
La volta è decorata con stucchi dorati che incorniciano quadri e lunette, gli affreschi sono stati eseguiti da Gennaro Palumbo nel 1890 e narrano varie scene tratte dal Nuovo Testamento.

L’abside ospita oltre all'alatre-mensa, ricavato dai marmi delle balaustre all'indomani della riforma liturgica promulgata con il Concilio Vaticano II, un imponente organo polifonico e il settecentesco altare maggiore in marmo policromo con colonnine marmoree che incorniciano l’icona della Madonna della Consolazione con in braccio Gesù. E’ l’opera più antica conservata nella chiesa, essendo un’opera d’arte greco-bizantina la sua datazione risulta difficile ma il panneggio e i tratti meno rigidi hanno spinto molti storici dell’arte a collocarla tra la fine Cinquecento e i primissimi anni del Seicento.

Ai lati dell’altare ci sono due tele che raffigurano la Vergine con il Bambino che dona a Santa Monica la cintura- la Madonna della Consolazione viene detta anche della “cintura”-, e altre scene tratte dal Nuovo Testamento e vite di Santi, realizzati durante il 1600.
Le quattro cappelle laterali sono separate dalla navata unica da bellissime balaustre costruite in marmo, ottone e ferro, e sono dedicate a: San Giuseppe, Sant'Agostino, Santa Rita, San Nicola da Tollentino.
Ai lati della porta d’ingresso ci sono due tele del Seicento; a destra Vergine con San’Anna e Gesù, a sinistra San Gennaro che protegge Napoli, di autori ignoti. Le pareti sono rivestite da stucchi lucidi che imitano il marmo realizzati dagli stuccatori della “scuola resinese”. Originale è anche l’antica sagrestia con gli stigli in legno di noce realizzata ai primi del Seicento quando fu consacrata la chiesa.

La descrizione delle cappelle

Partendo in alto a sinistra: Sant'Agostino, Fuga dall'Egitto, La madonna con San Nicola, Santa Rita.
Nella cappella di San Giuseppe e l’ignoto Mastro di Resina ci sono tre tele ma quella particolarmente interessante è la centrale che raffigura la “Fuga dall'Egitto”, 1630, opera del famoso quanto misterioso Maestro di Resina autore di numerose opere, che impreziosiscono molte chiese napoletane, e importante rappresentate della scuola napoletana seicentesca con una forte derivazione caravaggesca.
Nel corso del tempo vari storici dell’arte hanno dato al misterioso Maestro di Resina vari nomi quali: Ribera, Battistello Caracciolo e Domenico Antonio Vaccaro, attivo anche a Portici, altri ipotizzavano che l’ignoto maestro altri non fosse che il giovane Luca Giordano, tra l’altro autore del dipinto raffigurate Sant'Agostino nella vicina cappella omonima, ma le evidenti differenze stilistiche non hanno reso unanime l’attribuzione; ultimamente molti storici convergono su un altro artista poco conosciuto ma molto produttivo, Zingarelli, artista attivo in quel complesso panorama culturale dove artisti e influenze pittoriche giravano liberamente tra l’Italia meridionale, la Spagna e Roma, che contribuirono alla nascita del peculiare Barocco Napoletano.

Sempre nella cappella di San Giuseppe troviamo altre due tele dell’artista Domenico Renghini, pittore romano, autore anche dei dipinti presenti nella -cappella dedicata a Santa Rita in cui raffigura alcuni episodi della vita della santa.

-Cappella di San Agostino oltre alla tela opera del Giordano, ai lati ci sono altri due dipinti che narrano alcuni episodi salienti della vita del santo. Per correttezza intellettuale, per molti storici tale dipinto è opera del Giordano, per alti, anche se in minoranza, è opera del “Maestro di Resina”, non essendo qui il luogo adatto per un dibattito stilistico mi limito semplicemente ad evidenziare le due differenti tesi. Se ci saranno delle novità, vi aggiornerò.  

-Completo la descrizione con il dipinto della Vergine che appare a San Nicola da Tolentino nella omonima cappella firmato da Antonio Sarnelli (1778) autore, insieme ad altri membri della sua famiglia, di preziose tele che abbelliscono molte chiese napoletane.

Purtroppo nel mese di Aprile 2002, la chiesa è stata derubata e sono stati portati via parecchi oggetti di valore ma fortunatamente le tele sono state risparmiate.

Ringrazio vivamente tre fedeli che mi hanno permesso di fotografare la chiesa e di chiacchierare con loro scoprendo molte cose interessanti sulla città di Ercolano.

Sagrestia e particolare del pavimento originario in riggiola napoletana.

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